I miei ricordi più belli sono quelli della mia prima infanzia. Non ero la solita bambina dolce e quieta; tuttavia perché non riaprire un vecchio cassetto e spolverarlo un po’ ? I miei primi ricordi risalgono all’età di tre anni, ma il più vecchio è questo. Ricordo che tutti dormivano nel mio dormitorio dell’asilo e che quando cercavo di comunicare con la mia migliore amica di quei tempi, quella non replicava mai. Allora facevo finta di scivolare piano piano dal mio lettino ruvido e poco confortevole, quando le insegnanti si distraevano mi intrufolavo sotto i lettini degli altri compagni, strisciavo sotto ciascuno e andavo dalla mia migliore amica per ciarlare un po’, ma la trovavo costantemente a dormire. Mi beccarono parecchie volte e le maestre più severe mi spostavano dall’altra parte della stanza dove i pelouche dei bambini profumavano intensamente. Non riuscivo mai ad addormentarmi, non so neanche bene il motivo, però talvolta facevo finta per dimostrare che sonnecchiavo anch’io: una sorta di gara. Tre anni dopo ero sempre la solita bambina agitata, ma con un’idea nuova per scaricare le mie energie. Vedevo spesso in Tv delle ginnaste e mi sorprendeva la loro agilità. Era un giorno qualunque quando mia madre mi portò a delle prove di ginnastica sia ritmica che artistica: benché analizzassi bene la mia scelta, a prima vista ero già certa di ciò che avrei fatto. Era ovviamente la ritmica, che pratico tutt’ora da otto anni. La prima volta che mi allenai, sbagliai l’orario d’allenamento e, temeraria come ero, nell’attesa presi un Estathè al limone, ignara che durante l’allenamento sarebbe stato un continuo mal di pancia, ma ciò non mi fermò mai. Pur stando male riuscivo a pensare solo alle cose strabilianti che facevano le mie compagne. Mi misi pure a piangere perché avevo paura di fare il ponte indietro, più semplicemente: andare indietro con la schiena e le braccia, e appoggiare le mani per terra. Non saprei trovare un motivo, forse avevo paura di cadere…chi lo sa. Ricordo un forte odore di piedi che proveniva dalle pedane ma anche il dolce profumo della mia insegnante. Successivamente iniziarono le elementari ed è lì che ho iniziato a stare buona, ero la riservata della classe… preferivo che nessuno notasse la mia presenza, ma nonostante ciò ero piena di amici. Passano cinque anni e tutto inizia a cambiare, arriva il COVID che nel 2019 non era ben compreso e quando scoprii di non poter salutare per l’ultima volta i miei amici migliori ci rimasi malissimo. Adesso mi trovo in una situazione difficile, mi manca tutto delle elementari, vorrei ritornare sempre a quei momenti lì, ma purtroppo non è possibile. Il tempo è passato troppo in fretta. È stata un colpo basso questa pandemia, mi sembra ancora più strano che per noi oggi sia la normalità vivere così. È un tormento che ho tutti i giorni. Benché sia difficile vivere a questo modo, i miei ricordi dell’infanzia mi tireranno sempre su di morale. Ricorderò tutto con amore e me lo terrò ben stretto tra le mani.
Amalia Sabatini, 2F
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La mia infanzia è trascorsa tranquilla con l’affetto dei miei genitori e di un fratello, anche se a volte dispettoso.
Ricordo che all’età di tre anni io e la mia famiglia siamo andati alla “casa di Babbo Natale”. A differenza di molti bambini che andavano incontro a Babbo Natale io no, perché avevo paura vedendo una figura sconosciuta circondata da così tante persone. Invece mio fratello di poco più grande di me gli andò incontro prendendomi in giro. Ma io mi sentivo più a sicuro vicino a mia mamma. Dopo qualche anno provai la stessa sensazione di quando mi ritrovai al primo banco il primo giorno di scuola elementare, con due maestre che mi guardavano. Non volevo che mi guardassero il quaderno! Così decisi di mettere l’astuccio accanto al quaderno; in modo che non potessero sbirciare. Ma le maestre si accorsero della mia strategia e mi fecero togliere l’astuccio. E questa ero io: timida, riservata, silenziosa, una persona a cui non piaceva essere al centro dell’attenzione. Alcuni anni più tardi, a nove anni, andai al Parco Avventura con mio fratello e i miei cugini. Bisognava arrampicarsi per compiere dei percorsi segnati. Io me la stavo cavando bene, ma quando sentivo dire “fai come Matilde” mi sentivo bloccata nei movimenti perché vedevo che tutti mi stavano osservando. Mi feci coraggio e andai avanti superando il mio piccolo disagio. Ho dei bellissimi ricordi con la mia famiglia in vacanza e di mio fratello come compagno di gioco. Non riuscivo a fare amicizia con altri bambini; avevo lui e mi bastava. Ora sono cresciuta, ma non sono cambiata molto. Ho delle amicizie ma sono ben selezionate perché non mi piace la troppa confusione. Preferisco la semplicità e la calma. Un altro ricordo risale a dieci anni. Ricordo di essermi andata a fare i buchi per gli orecchini. Avevo un po’ paura ma mi decisi anche perché l’aveva fatto già mia cugina, che ha la mia età.
Benché la mia vita sia frenata dalla mia timidezza, sono contenta così.
Matilde Genserico 2F
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La mia infanzia per certi versi è stata simile a quella di molti bambini, per altri no.
I miei primi ricordi risalgono a quando andavo alla materna, un giorno mentre giocavo in giardino , stavo correndo e inciampai sullo scivolo. In quel momento mi resi conto di essermi fatto parecchio male . Le maestre accorsero subito da me e chiamarono immediatamente i miei nonni. I nonni arrivarono subito ed erano molto preoccupati. Una volta arrivati a casa i miei nonni chiamarono mia mamma , che arrivò a casa e mi portò al pronto soccorso.
La mia infanzia non è del tutto simile a quella degli altri bambini, perché quando avevo cinque anni il mio babbo e la mia mamma si sono lasciati : il babbo lo andavo a trovare solo il fine settimana , lui nelle cose più importanti non c’è quasi mai stato. Uno dei miei ricordi più tristi risale a quando andavo in terza elementare , quando mia nonna paterna è venuta a mancare. Quel periodo per me è stato pessimo, ma per fortuna avevo vicino a me gli altri miei nonni e la mia mamma. Alcuni anni dopo, precisamente l’anno scorso, il mio babbo si è voluto trasferire a Milano , per rifarsi una vita con un’altra persona. A settembre di quest’anno è nata mia sorella Mirea .
Nei miei dodici anni di vita ne ho vissute veramente tante e alcune cose mi hanno segnato.
Mattia Francesco Condemi
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Oggi vi parlerò della mia infanzia.
Sin da piccolo sono sempre stato abbastanza calmo, mi piaceva giocare a palla e adoravo guardare Peppa Pig prima di dormire.
Ricordo che avevo 4 anni e con la mamma abbiamo fatto una vacanza a Grosseto in una fattoria.
La cucina era grandissima, era piena di salami e prosciutti attaccati al soffitto. I proprietari erano marito e moglie, Alvaro e Carla, erano sempre sporchi dal lavoro nei campi perché passavano le giornate a raccogliere la frutta e la verdura da vendere.
La mattina presto andavo con Carlo a prendere il latte nella stalla dalle vacche, ricordo che c’era un fetore tremendo e tante mosche.
Il pomeriggio con la mamma andavo al mare.
Per la strada c’erano le volpi, stavano in attesa di qualche avanzo da mangiare.
La sera andavo con Alvaro a dare il biberon di latte al maialino, anche lì c’era tanta puzza, lui se lo beveva tutto e poi tornava dalla mamma.
Benché gli anni passino veloci, restano i ricordi che mi riempiono il cuore di felicità, come la prima volta che sono andato a Gardaland, avevo 8 anni e non avevo mai visto delle giostre così grandi e belle.
L’ingresso era sfarzoso, ricco di luci, un tunnel di luci che ti accompagna in un mondo fantastico, un po’ come Lucignolo nel paese dei balocchi.
Ero carico di adrenalina e sono salito su tutte le giostre.
La giostra che più mi è piaciuta si chiama Blu Tornado, seguita da Oblivion.
Abbiamo passato tutta la giornata in completo divertimento fino a quando mi sono sentito stanco anche se ero felicissimo.
Ricordo che in quell’anno sono andato in Sicilia e per la prima volta ho preso una grande nave, siamo stati svegli fino a tardi perché c’era una festa e verso mezzanotte siamo andati a letto perché alle 5:00 la nave sarebbe arrivata a Palermo.
Benché gli anni passino ho tanti ricordi di quando ero piccolo, ricordi che niente potrà cancellare.
Diego Calanchi 2F
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La mia infanzia è stata semplice, unica e bella come quella di molti altri bambini. I miei primi ricordi risalgono all’età di quasi tre anni e grazie alla tecnologia sono stati aiutati dalla videocamera, mentre poi con gli anni sono stati trasportati sul computer, tramite chiavette USB. Il primo ricordo che ho è di quando ho scambiato mio papà con mio nonno e questa cosa succedeva abbastanza spesso. I due anni seguenti passarono velocemente e non ne ho ricordi significativi così mi ritrovai all’età di cinque anni. Quell’età fu caratterizzata da un evento da cui nacque la mia passione: il calcio. Ricordo che iniziai perché i miei genitori non volevano che stessi in casa, insomma mi volevano impegnato nonostante la mia giovane età. Ricordo la mia felicità perché iniziai a giocare in una società e non ai semplici giardini con l’erba alta. Penso che mio papà fosse più felice di me, infatti quando arrivai, iniziò a filmare tutto, con la videocamera che aveva usato anche nel mio primo ricordo. Ricordo che i miei scarpini mi stavano stretti ed io glielo dissi, ma non mi ascoltava. Arrivato sul campo, mi sentivo un calciatore, anche se avevo visto poche partite di calcio prima. L’erba era stata appena tagliata ed era profumata e pulita. Ricordo che, felice, mio babbo urlava: “Bravo Francy!”. Anche questo ricordo è stato facilitato dalle videocamere, ma vagamente è impresso nella mia memoria. Un anno dopo, ci fu un altro evento importante: l’inizio della mia carriera scolastica: avevo sei anni compiuti ed era il primo giorno di elementari però non mi ricordo molte cose, tranne che ero molto felice e che al cancello c’erano molti genitori e bambini, infatti riesco a sentire ancora il loro brusio. Ci fu inoltre un altro evento importante: imparai, finalmente all’età di sei anni, ad andare in bicicletta. Fu un’emozione indescrivibile e bellissima. Il mio tutor fu mio fratello Riccardo, che dopo aver preso la mia bicicletta dell’epoca nel garage e dopo averle tolto le rotelline, mi diede le istruzioni che ancora ricordo: dopo aver inserito il casco e le protezioni dovevo andare più dritto possibile per circa dodici metri o più, dove lui sarebbe stato ad aspettarmi. Egli si mise in posizione ed io terrorizzato, salii sulla bici. Partii e dopo pochi metri, caddi a terra e da qui capii che certe cose non le afferro alla prima. Però mio fratello ebbe pazienza e dopo diversi tentativi ce la feci. Ricordo bene il tentativo riuscito: tutta l’ansia sparì, io partii, stranamente non persi l’equilibro ed appena arrivai verso la fine, ci fu un altro problema: non sapevo né frenare né inchiodare ed allora mi buttai sull’erba accanto dove si trovava mio fratello. Quest’ultimo riuscì a fermare la bicicletta, dopo averla scansata. Io e lui iniziammo a ridere, ed andammo a dare la notizia al nostro babbo. Sempre a sei anni, feci le prime amicizie: i miei primi amici furono Jacopo e Giulio con cui tutt’ora sono in buoni rapporti, nonostante non siamo compagni di classe. Jacopo e Giulio sono due persone totalmente diverse: Jacopo è un ragazzo alto, biondo e con gli occhi marroni, invece Giulio il contrario. Un aggettivo che li descrive perfettamente è “testardi”. La maggior parte delle mie foto dai sei ai dieci anni è con loro ed alle elementari ci chiamavano “i tre Moschettieri”. Eravamo e siamo inseparabili e chiacchieroni, quando usciamo. Alcuni anni dopo passai dalle elementari alle medie e fu l’inizio di una nuova avventura. Ero pronto, finalmente si apriva un nuovo capitolo della mia vita, con nuove amicizie e voti. Benché la mia vita possa sembrare noiosa e monotona, è ricca di peripezie e mi piace come la sto vivendo.
Francesco Bonacchi 2F
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Ero una bimba come tante altre: tranquilla e solare, ma spesso facevo confusione.
I miei primi ricordi risalgono all’età di tre anni quando sono caduta dal marciapiede: vedevo le macchine colorate e i fiorellini al bordo della strada, sentivo i clacson delle auto e gli uomini che chiacchieravano al bar, mentre stavo con la faccia schiacciata al suolo. Camminavo felice, quando ricordo di essere inciampata e caduta dal marciapiede: mi ero fatta un bernoccolo. Subito dopo mia mamma mi mise il ghiaccio, però il bernoccolo andò via solo dopo circa due settimane. Ricordo che sin da piccola guardavo le partite di calcio con mio babbo e appena finivano imitavo i giocatori giocando a calcio anch’io. Successivamente iniziò l’asilo, io non volevo andarci perché le bambine mi stavano antipatiche, ma pian piano iniziai a fare amicizia. Quell’estate ricordo che andai in Albania in vacanza con mia cugina, spesso c’era brutto tempo quindi di conseguenza dovevamo stare a casa: ricordo quella volta in cui ci eravamo intrufolate nell’armadio delle nostre mamme e avevamo preso i loro enormi vestiti rossi e li avevamo indossati. Ricordo di aver toccato i vestiti di un velluto morbido e liscio e di averne sentito l’odore: un odore nuovo e fresco. Quegli abiti erano lunghi e stretti, ma a noi stavano larghi. Qualche mesetto dopo nacque mio fratello; fu un giorno per me indimenticabile, ricordo che era un pomeriggio, mia mamma e mio babbo stavano andando all’ospedale, io ero rimasta con i miei zii e stavo facendo il riposino pomeridiano: appena mia zia mi svegliò, mi dette la bella notizia. Io ero entusiasta di andarlo a vedere e dopo aver fatto merenda mi ci feci portare, correvo per i corridoi dell’ospedale dalla felicità e appena mia zia mi aprì la porta vidi mio fratello: stava piangendo, io ero felice e lo abbracciai. Da lì capii che era un perfetto compagno di giochi anche se litigavamo spesso. Dopo qualche tempo cominciarono le elementari: ricordo di essermi seduta al primo banco e di aver visto i visi delle maestre emozionate che stavano per iniziare a presentarsi. E quelli furono cinque anni di litigi e amicizie. Alcuni anni dopo stava per iniziare la scuola media: ero in ansia il primo giorno, ma poi feci amicizie anche qui. Benché la mia vita sia stata perfetta fino ad ora, da adesso in poi vedremo come sarà, ma questa è un’altra storia…
Marina Velli
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Sebbene la mia infanzia sia stata simile alle altre, io ho avuto molti problemi.
Da bambina a circa due – tre anni, ero andata a mangiare da mia nonna a cena per poi rimanere a dormire. Dopo cena mia nonna mi diede una caramella e io, intelligente come sono, mostro la caramella al cane , così lui fa per prendermela mordendomi da sotto l’occhio a sopra la bocca (praticamente mezza faccia ).
Ricordo di aver visto il sangue rosso per terra che fuoriusciva dalla mia bocca, sento ancora le urla di mia nonna e mia mamma, tra l’altro io non sentivo dolore ma vedendo loro due urlare e piangere urlavo, ma più urlavo più mi si apriva la ferita; infine ricordo il sapore dolciastro del sangue.
L’anno dopo passò in fretta perché mi presero il mio fratello peloso: Lampo, ovvero il mio cane.
Appena entrato in casa, era all’incirca dicembre, Lampo ha sempre dormito con me; mettevo sempre la sua cuccia sotto o davanti al mio letto.
Dopo due mesi tutti insieme, con i miei zii e le mie cugine , andammo al parco di Peccioli dove il mio cane fece conoscenza con il resto del mondo, con tutto il verde, con gli altri cani.
Ambra Valli
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Oggi racconterò la storia di una bambina molto calma e tranquilla che in certe situazioni però perdeva il controllo.
Il mio primo ricordo risale al mio terzo compleanno mentre degli anni precedenti a quello non ho memoria.
Del mio compleanno ricordo bene come era addobbato tutto in rosa, erano invitati tutti i miei amichetti dell’asilo e i miei parenti.
Questi particolari me li ricordo grazie alle foto che mia mamma faceva e che ora conserviamo nel computer.
Pur essendo nata a maggio, quel giorno pioveva e in fretta e furia i grandi misero i tavoli e le sedie al coperto.
Le sedie per i bambini erano quella specie di panchetti molto scomodi dove picchiai anche il ginocchio.
Nei due anni successivi non successe niente di importante, ma nel 2014 ci fu un grande avvenimento: l’arrivo del mio cagnolino Trudy.
I miei genitori dovettero andarlo a prendere a Bologna quindi partirono la sera a tornarono dopo numerose tappe, la mattina seguente.
Io e mia sorella quella sera dormimmo dai miei nonni e mi ricordo che prima di addormentarci guardammo i Simpson nonché il nostro cartone animato preferito.
Ci svegliammo la mattina dopo e i miei genitori stavano per tornare a casa mentre noi eravamo a fare colazione con quel buonissimo cornetto al cioccolato e una tazza di latte.
Andammo a casa e trovammo il piccolo cagnolino sulla sua nuova cuccia.
Trudy purtroppo già molto malato e con il tempo peggiorò, ma dopo numerose visite dal veterinario guarì, adesso a ben sette anni.
Dopo qualche anno, quando mia sorella superò la paura dell’aereo andai a New York con la mia famiglia e dei nostri amici.
Nel 2016 “volai” in America, ricordo benissimo che partimmo la sera per fare il viaggio di notte e il sapore dalla cena dell’aereo era disgustoso.
Arrivammo lì all’alba senza aver chiuso occhio in volo e la prima cosa che feci fu mangiare un muffin al bar sotto all’hotel di cui non ricordo il nome.
Ogni mattina faceva un freddo gelido e per quello ogni volta litigavo con mia mamma per non mettere le calze scomode sotto la tuta e per non mettere gli scalda muscoli che erano troppo grandi per me che avevo solo sei anni e quindi mi arrivavano al ginocchio.
Un giorno andammo al Central Park dove c’erano tanti scoiattoli che si arrampicavano sugli alberi.
Questo è tutto ciò che mi ricordo della mia infanzia purtroppo.
Benché la mia vita sia ancora molto breve, spero che sarà un’avventura piena di cose indimenticabili.
Greta Rosati
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La soddisfazione era pronta a salpare: una mattina buia e tempestosa, mentre stavo dormendo sentii i passi rumorosi di mia madre che si avvicinava verso il mio letto, mi svegliò con un bel bacio sulla guancia.
Appena mi alzai un profumo di torta al cioccolato mi inondava il naso.
Morsi subito la prima fetta: era così morbida e dolce che si scioglieva in bocca.
Dopo aver finito di mangiare, la mia mamma mi portò un pacchetto incartato con un’altra sorpresa: una scatola bianca, rigida e dura che non riuscivo ad aprire.
Al suo interno c’era un nuovissimo Nintendo 3 ds che io desideravo da tantissimo tempo.
Avevo solo 4 anni, ma ero già un fan sfegatato di super Mario.
Questo è senz’altro altro il mio ricordo più lontano.
Un anno dopo inizia il calcio, il secondo sport dopo aver praticato karate.
Mi ricordo l’odore di erba tagliata da poco, l’odore dei palloni di plastica e il profumo delle mamme che salutavano i propri figli.
Sentivo tantissimo le grida dei bambini che piangevano perché volevano che le loro mamma tornassero da loro.
Quando toccai per la prima volta il pallone, sentii subito che mi sarebbe piaciuto molto.
Quando iniziammo l’allenamento per la prima volta quasi tutti i bambini non erano bravi, ma io e il mio migliore amico eravamo molto capaci, quindi i mister ci mandarono con i 2008.
Tutt’ oggi continuo a giocare con il mio migliore amico nella stessa squadra da quando abbiamo iniziato.
Dopo qualche settimana dall’ inizio della scuola calcio, ho fatto la mia prima partita con avversari la squadra del Casalguidi.
Ero molto preoccupato perché non sapevo se ero in grado di giocare bene come pensavo.
L’ allenatore mi aveva schierato nel ruolo dell’attaccante mentre il mio amico giocava sulla fascia destra.
La squadra era composta solo da 5 giocatori perché all’ inizio i “Pulcini” giocano sempre in numero ridotto.
Durante la prima partita Alessandro segnò il primo gol e ci fece vincere.
Io riuscii a fare goal solo durante la seconda partita perché ero meno teso e nervoso.
Mi sembrava di giocare da sempre. Il tempo era brutto e pioveva a dirotto, il gol che segnai fu molto strano perché gli avversari mi fecero cadere, ma rotolando riuscii a centrare la palla spingendola in rete.
Questi tre ricordi sono quelli più importanti della mia vita, benché la mia infanzia possa sembrare quella di una giovane promessa del calcio, solo il tempo dirà quello che sarà il mio futuro.
Niccolò Papini
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Benché la mia vita a volte mi sembri confusa, questi ricordi non li dimenticherò mai e li considero importanti.
Quando avevo sei anni ero andato al lago di Bled, era inverno e si era noleggiato una barchetta, ma l’acqua era ghiacciata. Ricordo l’abbagliare insistito del mio cane e il souvenir che comprammo: era una bottiglia di vetro.
Qualche anno dopo era il mio ottavo compleanno, la torta era grande, fatta con cioccolato, panna e fragole, era buonissima, le candele erano blu e bianche con i numeri. I bambini urlavano, i regali erano maglie, felpe, pantaloni e un gioco per la ps4 con cui ogni giorno giocavo.
Due anni prima del mio compleanno ero andato alle grotte di Postojnska, in Croazia. Era molto buio, freddo e le stalattiti erano umide. Ricordo che a pranzo siamo andati a mangiare un panino: io con solo la carne, mio fratello con l’insalata, la carne e la salsa, mia mamma con la cipolla, carne, maionese e insalata, mio padre con insalata, carne, salsa e broccoli. Il souvenir questa volta era uno schiaccianoci.
Un anno dopo ero andato al mare in Abruzzo per la prima volta, ci andiamo ancora adesso, (è da sei anni di fila che ci andiamo), c’era la sala giochi (per bambini di quattro anni), un salotto con otto poltrone arancioni, comode, potevano starci in tre persone, un bar, una piscina, due piscine al mare e poi si poteva anche fare l’aperitivo la sera, alcune volte di sabato anche il cabaret. Un anno dopo ero andato all’Abetone, faceva freddissimo, tanto che mi ero messo: due felpe, il giubbotto, la sciarpa, un cappellino di lana e i guanti: non riuscivo più a respirare con tutta quella roba addosso mi pareva che ci fossero trenta gradi, però la neve era sempre gelida. C’era un ristorante, mi ricordo che abbiamo mangiato benissimo.
A dire il vero non ricordo molto altro, ma questo basta.
Daniel La Carbona
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La felicità di un bambino risiede nell’essere spensierati, e sì questo è stato proprio il mio caso.
Il mio primo ricordo risale al primo giorno di scuola della seconda elementare, cioè all’età di 6 anni. Avevo cambiato istituto, perché non mi trovavo bene, ma si è rivelata una vera e propria avventura. Il primo giorno ero impaurita, piangevo e non volevo proprio andarci, insomma non ne volevo proprio sapere. La mattina stessa quando mi preparavo l’ansia saliva, ma non sapevo nemmeno io il perché. Sarà stato il pensiero di non piacere ai compagni, di non risultare carina e amichevole. Quando entrai a scuola c’erano molti bambini: c’era chi era felice, chi piangeva, oppure c’era chi era semplicemente sereno. Provavo ammirazione verso i bambini di quinta, perché erano tranquilli e ormai quella “procedura” l’avevano già vissuta ben cinque volte. Passavo la maggior parte del tempo malata con l’influenza, ma insomma quello era normale per la mia età. Mi prendevo sempre qualche malanno, perché perennemente ero a maniche corte (come del resto ora) anche in inverno. Mi ero messa accanto ad una bambina che mi aveva accolto: si chiamava Giulia e diventò subito la mia migliore amica: sì, ci avevo messo davvero poco a capirlo. I primi mesi eravamo tutte e due timide, ma poi ci siamo avvicinate. In quinta elementare purtroppo ci hanno diviso tutti, ognuno a casa propria. Arrivò il maledetto virus, che non ci permise di finire l’anno scolastico; lo finimmo in D.A.D. (la didattica a distanza). Non si poté fare la recita di fine anno, né i ringraziamenti alle maestre. Insomma fu un anno incompleto. Circa un anno dopo cambiai casa, perché la mia era troppo piccola. Volevamo un animale e nella casa nuova c’erano più possibilità, visto che c’era il giardino. Ricordo il forte odore di vernice, la casa tutta a soqquadro e le piccole sporgenze del pavimento che ti facevano cadere se non tenevi gli occhi ben aperti. Ma c’era anche un aspetto meraviglioso: tutti i pasti li facevamo dalla nonna, e lì si che era festa. Mangiavamo lì, perché non avevamo ancora montato la cucina, e vi assicuro che mangiare al ristorante sarebbe stato molto peggio (saremmo ingrassati dieci chili). Ricordo ancora la prima notte in cui abbiamo dormito nei letti nuovi: sono sincera, avevo paura, poiché era tutto diverso. Alla fine dei lavori la casa era venuta bellissima, era la mia piccola casa dei sogni. Benché la mia vita sia ancora incompleta, di questo breve arco temporale posso sentirmi soddisfatta.
Vittoria Biagini
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La mia infanzia è stata piena di castelli, principi, principesse e occupata a tempo pieno dalla danza. Direi infatti un’infanzia comune, ma allo stesso tempo particolare a suo modo. I miei primi ricordi risalgono all’età di quattro anni, tramite video che ancora oggi riguardo immedesimandomi in quella bambina. Mi ricordo particolarmente la mia borsa rosa delle Winx che utilizzavo per andare a danza. Mi ricordo molto bene l’odore delle calze color carne, erano profumate di rosa ed era un incantevole odore da annusare. Il gel che mia mamma utilizzava per farmi lo chignon mi ricordava la fragranza della fragola: dolce e intenso allo stesso tempo. I miei body erano tutti molto colorati, ma il mio preferito era di un bianco intenso che mettevo sempre insieme al mio tutù. Era di tessuto ruvido, come il velo delle spose. Ricordo quelle tranquille melodie su cui ballavo immaginandomi di aver davanti un pubblico strepitoso che mi acclamava a fine dell’esibizione! Questo ricordo risale all’età di quattro anni ed è sempre stato il mio preferito perché far la ballerina è sempre stato il mio sogno. Un paio di anni dopo Babbo Natale mi portò il mio primo Cicciobello. Quel fantastico bamboccio di plastica aveva i capelli biondi e gli occhi celesti come il cielo d’ agosto . Aveva il ciuccio color turchese ed era molto duro come le sue mani, i piedi e il suo tondeggiante volto. Ricordo di lui soprattutto i suoi biondi capelli molto soffici e folti, ma anche il suo pianto. Era odioso da ascoltare, non lo sopportavo proprio, per questo non gli toglievo mai il ciuccio. Tuttavia benchè la mia vita sia stata breve ed allegra, ci sono stati anche momenti molto tristi, infatti pochi anni dopo dall’ arrivo di Cicciobello morì Nerino, il cane di mia nonna. Ed è stato per me un periodo molto triste perché lui quando ero sola era sempre il primo a farmi compagnia e pronto a giocare con me. In suo ricordo mia nonna mi regalò un anello molto grossolano con all’interno la foto di Nerino.
A questo anello tengo particolarmente e lo custodisco con amore.
Martina Bertini
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Adesso la mia vita continua ma certe cose non le scorderò mai…
Forse il più antico tra i miei ricordi è la nascita di mio fratello: ricordo solo lui e mia madre nel lettino dell’ospedale, lei era sdraiata, mentre guardava quel bambino inconsapevole che sarebbe diventato una “bestia del male” (!)
Tempo dopo mia madre mi disse che ci saremmo dovuti trasferire. Il giorno seguente andai dall’unica amica che avevo e le diedi la notizia. Quando arrivai al nuovo asilo, mi ricordo l’odore del fresco di quella mattina d’autunno dentro le narici. Appena entrai nella mia nuova classe ero molto imbarazzata, avevo molta paura di sembrare diversa dagli altri. Parlavo a malapena.
Infatti fu la maestra che mi presentò alla classe e subito dopo disse a una mia compagna di venirmi a prendere per farmi giocare con lei, Nel mentre tutti gli altri mi guardavano parlando tra di loro. Con questa ragazza ho passato anche le elementari. Infatti il primo giorno ci eravamo fatte fare anche una foto insieme dalle nostre madri prima di entrare. Appena fummo entrate ci mettemmo a sedere accanto in prima fila, ma già da quel momento avevano in mente di cambiarci di posto dividendoci.
Ricordo le urla di alcuni bambini quando le madri andarono via: io mi misi a piangere, e questo continuò ad accadere per gli anni successivi. Quando arrivò mezzogiorno e dovemmo uscire ricordo faceva molto caldo.
Duranti questi anni nella nostra classe giunsero alcuni nuovi alunnni, come ad esempio una ragazzina di nome Vittoria che arrivò in seconda; ci siamo divertite molto insieme in certi momenti. Mi ricordo molto bene quando durante l’ora di grammatica ci buttarono fuori dalla classe perché ci eravamo alzate, la buttammo sul ridere e ci divertimmo molto. Benché la mia vita possa sembrare noiosa, è unica e speciale come quella di ognuno.
Lorenza Kercunga, 2F
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Tutte le persone sono state bambine e hanno vissuto quella fase della loro vita al loro meglio, ma la mia è un’infanzia particolare. Il mio primo ricordo è di quando da piccina, all’età di quattro anni, andavo al mare.
Ricordo tutte le risate che facevamo io ed i miei amici perché facevamo scherzi a sconosciuti. Ogni giorno andavamo a fare il bagno tutti insieme e vedevo sempre le onde del mare schiantarsi sulla sabbia. Ricordo quando facevamo i vulcani con la sabbia bagnata e mi rimanevano tra le dita quei granelli umidi e ruvidi. Ogni sera dopo cena al mare andavo insieme ai miei genitori e agli zii a mangiare un algido gelato e ricordo il profumo di quello al cioccolato del mio babbo.
Alcuni anni dopo entrai a scuola, la prima elementare. Inizialmente ero terrorizzata dagli insegnanti e dall’idea di non trovarmi bene con loro, però poi conobbi delle persone molto gentili e simpatiche. Ricordo i bambini che erano felici mentre salutavano i propri genitori. Ricordo i pranzi della mensa che secondo me avevano un cattivo sapore e odore.
Alcuni anni dopo iniziai pattinaggio con la mia amica Vittoria. Il pattinaggio mi ha aiutato a conoscere nuove persone, che poi sono diventate mie amiche. Il pattinaggio è uno sport molto faticoso, ma bello.
Benché la mia storia per ora sia breve sono certa che ci saranno altre belle avventure da vivere.
Giulia Bardazzi 2F
Ho molti ricordi della mia infanzia, ma tre di questi non me li scorderò mai.
Il mio primo saggio di danza l’ho fatto all’età di quattro anni, al teatro Manzoni di Pistoia. L’ambiente era molto lussuoso ed elegante; aveva anche dei riflettori molto luminosi i quali mi accecavano ma allo stesso tempo mi faceva sentire una vera e propria star. Ricordo ancora oggi le canzoni movimentate e il ritmo sul quale danzavo così come il cigolio del palco. Mentre facevo le prove, avevo timore di cadere perché le assi erano scivolose. Prima di esibirmi andavo sempre a mangiare la pizza con la mia amica Asia: era croccante e gustosa. Alla fine dello spettacolo i miei genitori mi aspettavano all’uscita con un bouquet di rose dall’odore intenso e pungente. Due anni dopo incominciai le elementari: avevo imparato a leggere e a scrivere. Già dalla prima elementare ci avevano insegnato a fare temi, continuai così per tutti i cinque anni. Alcuni anni dopo i miei genitori mi fecero la sorpresa di portarmi a Mirabilandia. C’erano molte giostre, luminose e alte. C’era anche la musica: la sua melodia martellava le mie orecchie. Quando salivo sulle giostre avevo sempre quel vuoto nello stomaco, e dalla paura di cadere mi ci aggrappavo con mani fredde e sudate. Finito il terrore delle giostre, ricordo che sentii l’odore delizioso dei bomboloni alla crema. Una volta presi e mangiati la mia faccia si ricoprì di granelli di zucchero, mentre deglutivo l’ultimo boccone dal sapore dolce e cremoso.
Benché abbia molti ricordi, questi tre sono unici…
RINALDI VIOLA
CLASSE 2 F
***
La mia vita.
La mia infanzia somiglia a quella di altri molti bambini.
Il mio ricordo più lontano è quando a 4 anni mi sono fatta
male al ginocchio, e al pronto soccorso mi ricordo quella
“stronza”, per così dire, con il neon abbagliante contro i miei occhi. Mentre i
dottori mi stavano operando io li sentivo mormorare. Ad un
certo punto mi ero addormentata, ma dopo un po’ mi
risvegliai toccandomi il ginocchio che ormai avevano
curato; era liscio e sembrava a posto, anche se mi faceva un po’ effetto. Mentre
i miei genitori mi stavano accompagnando verso la
macchina, mia mamma mi aveva dato un pezzo di
cioccolato: era molto gustoso e aveva un sapore
dolciastro. Un anno dopo, ho conosciuto la mia migliore
amica alla scuola materna perché lei si divertiva a
spingermi di sotto dall’altalena. Un giorno mi fece cadere in
terra facendomi sbattere la testa; per fortuna non era
successo niente. Mi aveva chiesto scusa, ma io ero ancora
arrabbiata con lei. Quello stesso anno mi ricordo che per la
prima volta ho visto il mare, e di essere andata in
campeggio con la mia famiglia. C’era molta gente e lì mi
ero divertita molto, anche perché ho conosciuto la mia
amica Matilde; mi ricordo il suono rilassante che provocano
le onde, la sabbia ruvida tra i miei piedi e per lo più l’odore
del mare; infatti ero molto dispiaciuta quando andammo via.
A 7 anni ho iniziato a praticare ginnastica artistica, cioè il
mio sport preferito. Mi ricordo che i primi giorni ero molto
timida ma dopo poche settimane parlavo già con tutte. Mi
ricordo la voce acuta della mia insegnante e il pavimento
duro e celeste della palestra. Mi ricordo che lì ho
conosciuto la mia amica Sofia: io e lei a volte andavamo di nascosto a bere, ma da quando la nostra insegnante ci ha
beccate, andiamo sempre con il suo permesso.
Sara Fei
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La mia infanzia è come quella di tutti i bambini, però ora vi parlo di alcuni miei ricordi.
Quando era notte e tutti dormivano io iniziavo ad urlare e quindi tutte le volte la mia mamma chiedeva che andasse il mio babbo, quindi lui si alzava e veniva a prendermi in braccio, a calmarmi o sennò provava a darmi del latte: provava di tutto ma non c’era verso che mi addormentassi; poi il mio babbo andava da mia mamma, quindi lei si alzava e veniva da me coccolandomi e dandomi del latte: allora mi addormentavo in due secondi e a un certo punto si capì che il mio babbo non si doveva occupare di alzarsi più la notte per farmi addormentare.
Ora vi racconto di un’altra storia di quando ero piccolo. La mia cantante preferita era Laura Pausini e mio nonno aveva 10 dei suoi dischi, quindi ogni volta che lui mi portava da qualche parte io mettevo un disco e stavo tutto il viaggio a cantare le sue canzoni. Una sera era in diretta in TV, perciò io ero un sacco felice di questa cosa, poi si è messa a cantare e mia mamma mi ha filmato mentre ballavo sul panchetto.
Tempo dopo mio cugino era sempre da me, alcune volte perché i suoi genitori erano sempre a lavorare o sennò perché io volevo che lui stesse con me, io avevo delle poltrone di peluche pelosi e quindi io e mio cugino eravamo sempre lì che guardavamo la televisione insieme o sennò YouTube. Una volta mia mamma fece il video in cui eravamo io, mio cugino e mia sorella che ballavamo sulle note di una canzone e per me questo è il ricordo preferito.
Ricordo di una volta che io e mia sorella chiedevamo un cane da un anno. Mentre si tornava da una partita di mia sorella, mia mamma stava guardando su Facebook di questa cucciolata e c’era scritto se qualcuno voleva un cucciolo; allora la mamma lo chiese al babbo, perché era lui a non volerlo in quanto non voleva più piangere per la morte di un cane perché lui aveva già avuto due cani. Il mio babbo le disse “Fai come ti pare” e quindi mia mamma chiamò subito, però il problema era che c’era un’altra famiglia che voleva il nostro stesso cane, tuttavia la persona che decideva a chi dare il cane scelse noi perché quando il cane della signora era salito sul divano il signore lo aveva brontolato. Il giorno che andammo a prendere il mio cane me lo ricordo come se fosse ieri, perché mi ricordo di cinque cuccioli che ci venivano incontro e il nostro era sempre a buttare fuori l’acqua dalla ciotola perché scavava come se fosse terra. Mi ricordo anche quando presi per la prima volta tra le mani il mio cane che mi stava solo su una mano: era super carino perché era basso e tozzo come un würstel. Benché la mia via possa sembrare disastrosa, devo dire che crescendo mi sono calmato: da piccolo ero più agitato. Ed è bello crescere per scoprire cosa ancora succederà.
Mirko Biagini
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Il mio primo ricordo risale all’età di due anni, quando ho imparato ad andare in bici senza rotelle: ricordo che la prima volta caddi, poi mi rialzai e imparai. Mi ricordo ancora che la bici era gialla e nera.
Una persona di cui non mi posso dimenticare è mio zio. Lui era sempre molto felice, anche se alla morte di suo padre (ovvero mio nonno) passò un brutto periodo, anche perché nel frattempo si stava lasciando con sua moglie.
Lui i sabati pomeriggi li passava con noi a casa nostra e pranzava con noi, veniva con una delle sue moto e lo sentivo da lontano da quanto era forte il rombo del motore, poi appena si avvicinava mi piaceva sentire l’odore della benzina. Una volta toccai la marmitta che era rovente e mi bruciai.
Di lui ricordo anche quando mi spingeva sull’altalena e che quando aumentava la velocità sentivo il suo profumo: perfino ora lo sento; poi dall’altalena vedevo lui che sorrideva mentre mi spingeva. Ricordo che quando andavamo a pranzare lui si metteva a capotavola come mio babbo. Poi un giorno venne la sua morte: io avevo cinque anni, per me è stato molto traumatico perché ricordo tutto molto bene e ancora mi sembra di sentire la sua voce. Due anni fa ero ancora mortificato da questo fatto, ma entrando alle medie è come se l’avessi superato, però ci penso ancora e penso che mai me ne dimenticherò, perché l’ho sempre stimato, gli ho voluto bene e ancora lo vorrei in vita; era una bravissima persona e voleva bene a tutti.
Sempre verso i cinque anni, quando andavamo in campeggio col mio babbo e con tutta la famiglia, io e il mio babbo stavamo sempre insieme, quindi eravamo in spiaggia fino alle sei insieme, e a quell’ora passava quell’uomo che vendeva i gelati, ne mangiavo uno e poi salivamo in roolutte e andavamo a farci la doccia nei bagni del campeggio preparandoci per la sera; cucinavamo insieme mentre mia mamma apparecchiava. Una volta finito di cenare andavamo a lavare i piatti, dopodiché andavamo a mangiare il gelato e a fare una girata: io, mio babbo e mia mamma, mio fratello no perché quando io avevo cinque anni lui ne aveva undici, ed essendoci sei anni di differenza, lui stava con i suoi amici.
A quei tempi andavamo a pescare, io, mio babbo e mia mamma, anche se a lei non piace. Una volta mi sentii male e mi addormentai sugli scogli. Quando mi svegliai, mio babbo aveva appena preso un tonno da quindici kg e dopo quaranta minuti ne prese un altro da dodici.
La sera dopo si fece una cena con gli amici del campeggio e mi divertii tanto, c’era un odore particolare.
Ricordo di quando a sei anni mi hanno portato a San Siro. Arrivai la mattina ma la partita c’era la sera, perciò siamo andati a fare un giro dai miei parenti di lì. La sera allo stadio c’era tanta gente, un tizio dietro al mio babbo prende una birra e per sbaglio esultando la rovesciò addosso a mio padre.
Successivamente, all’età di dieci anni, andai in Abruzzo: lì ci abitano i miei parenti paterni. Ci siamo divertiti tanto e siamo andati anche al luna park.
L’anno dopo i miei sono tornati in Abruzzo per prendermi il cane: io tutto questo non lo sapevo perché ero a dormire da un mio amico. Fu una sorpresa fantastica.
Benché la mia vita sia un po’ particolare, non la cambierei con nessun’altra.
Luca Pietri
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